Nel Patrimonio sono tempi tragici. La peste nera, scoppiata già nel 1348, paragonata dai contemporanei al diluvio sterminatore (Antonelli, cit.), si porta via i 2/3 della popolazione ed il 9 settembre ’49 un terremoto sconquassa la regione, facendo cadere “le mura e le torri più robuste”, tra cui quelle di Viterbo e la metà del Colosseo, lasciandolo come lo vediamo oggi. Le guerre continuano incessanti a devastare tutta la Tuscia, ridotta alla fame, con gli eserciti che, più che combattersi direttamente, tirano ad indebolire l’avversario distruggendo le coltivazioni e razziando il bestiame, condannando così alla fame tutto il popolo.
Tornando a Bassano, il 12 novembre 1348 troviamo, in un atto notarile, un certo Iacobuccio di Nicola che vende “a Cecco Porrone e suoi eredi in perpetuo una pezza di vigna con sue canapine, ossia terre, poste nel tenimento di Donazzano, in Acquarula, presso la curia accanto alle proprietà di Simone dei signori di Bassano, Mancino Magnasecola, il fosso e la proprietà di Iacobucci Ginalberto“.
Il 15 marzo dell’anno seguente Simone è già deceduto e la vedova Giacoma fa affittare, dal suo fattore e procuratore Jacobuccio di Nicola, a Puccio di Pietro, delle proprietà nel territorio di Donazzano, sul fosso di Tazzano. L’11 gennaio, sempre del ’49, conosciamo un altro dei signori di Bassano, Lellarello fu Giacomo, padre di Thomas detto Merella, che si costituisce in giudizio a Sutri e, il 31 luglio dello stesso anno, troviamo ancora uno “de dominis de Vaxano”: Gnignia (o Gnigne) il cui vero nome era Giacomo (jacobo) ed era padre di Donna Leonarda, moglie di Gimondo, dominus del castro di Ischia, la quale, in un atto del 1391 del notaio Marcoli, ormai vedova, lascia eredi i figli Panalfo, Pietropaolo, Lelio ed Annesola. Il castrum Yschie, attualmente nel territorio di Veiano, a sinistra dell’alto corso del Mignone e della Claudia-Braccianese, era all’epoca confinante del castrum Aliole.
Un altro documento, il 21 settembre 1349, ci riporta di nuovo il “nobile uomo Puccio di Rosso”, che concede in soccida a Stefano di Pellegrino 149 pecore, e ci fa conoscere il "presbiter Iannes de Vassano notarius" a testimonianza di un’attività curiale istituzionalizzata in loco.
Queste attività economiche sembrerebbero denotare agiatezza ed iniziativa, in effetti erano la conseguenza dei vuoti spaventosi che la peste aveva creato tra la popolazione, permettendo ai sopravvissuti più attrezzati di acquisire impunemente terreni ed immobili.
Un documento, che necessita di una puntualizzazione importante per la storia bassanese, è stato redatto dal notaio romano Francesco Pucii (di Puccio) il 24 settembre 1363. In questo documento, secondo il regesto di G. Coletti del1887: “Francesca vedova di Giovanni conte dell’Anguillara di Capranica, al tempo del senatore Guelfo da Prato, viene confermata da Francesco di Bagnorea, giudice palatino, a tutrice dei propri figli Francesco, Cola, Giacomo ed Angelella, colla fidejussione dei comuni di Cesano e Capranica, ed esibisce l’inventario dei beni spettanti ai detti pupilli, nel quale sono compresi i castelli e territori di Capranica, Stabia, Calcata, Cesano, Vicarello e i diritti su Civitella, Montemonastero e Barbarano, la terza parte di Bassano, la rocca di San Silvestro ed altre cose mobili e semoventi.” (G. Coletti, Regesto delle pergamene della famiglia Anguillara).
In base a questa regesto, gli Anguillara di Capranica sono stati ritenuti signori di un terzo di Bassano da prima del 1363. Se però andiamo ad esaminare nella pergamena il testo originale, dobbiamo rilevare che il notaio scrive che i castra presenti nell’inventario verificato dal giudice, cioè castelli e territori, sono Capranica, Stabia, Calcata, Cesano e Vicarello, ma solo “diritti” sulla terza parte di Bassano “pro diviso cum consortibus suis”, cioè: “come diviso con i suoi soci”. Quindi, non la proprietà della terza parte, che anzi gli stessi diritti, peraltro non specificati, appaiono in condivisione con altri.
(continua)
Dott. Giovanni Maggi
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