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CASTRUM VAXANI (IUXTA SUTRIUM) 12 (SEGUE DAL 23 GENNAIO)

2024-03-11 17:26

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Bassano Romano,

CASTRUM VAXANI (IUXTA SUTRIUM) 12 (SEGUE DAL 23 GENNAIO)

La concessione di questa castellania era una formalità con cui veniva stabilita una dipendenza dalla Santa Sede. I vari Domini devolvevano i loro possedimenti al Rettore che li riassegnava agli stessi in castellania ma, a fronte di una soggezione poco più che formale, ottenevano il riconoscimento di un diritto, fino ad allora illegittimo, ed il coinvolgimento della Santa Sede nella loro difesa.
In ogni modo, il registro dell’Albornoz ha un elenco di tutte le sedi "immediate subiecte" che, ovviamente, non comprende Bassano. La sostanza è che Bassano, per una strana ragione, era l’unico castrum mediate subiectum del Patrimonio di San Pietro in Tuscia che pagava il focatico, ancora nel XIV secolo.
Nel 1281, l’atto di compravendita di metà del castrum Donazzanum cita come confini, tra gli altri, il tenimentum castri Vassani ed il tenimentum castri Aliole. In quel tempo, l’ascesa al soglio di Onorio IV Savelli, nel 1285, ed il contemporaneo incarico di Rettore del Patrimonio di suo nipote Luca Savelli potrebbe essere stata l’occasione che ha permesso a questi l’acquisizione di diritti su Bassano, che nel quattrocento troveremo trasformati in signoria Savelli su un terzo del feudo.
Ancora, in un documento del 16 gennaio 1297, Iohannis Tingiosi de Bassano risulta proprietario di beni in contrada Striungiani, toponimo che sembra definitivamente perduto e non identificabile. È però interessante il cognome di questo personaggio, che meriterebbe un’approfondita ricerca; infatti i Tignosi erano allora la più potente famiglia viterbese, in continuo contrasto con i Prefetti ed i Gatti, per il dominio della Tuscia viterbese. Nel 1228, ottennero in concessione dal Comune di Viterbo il castello di Alteto, nelle immediate vicinanze dell’Aiola e della Roccaccia, che fu uno dei capisaldi viterbesi nelle guerre contro Roma. Landolfo Tignosi fu castellano di Alteto nella prima metà del secolo ed è quindi possibile, non fosse altro in virtù della contiguità territoriale, che esistesse un legame di discendenza col nostro.
Il secolo termina con il pontificato di Bonifacio VIII, che porta alle estreme conseguenze la pretesa della supremazia papale su tutto l’orbe: “quicumque est papa, est dominus omnium spiritualium et temporalium et est dominus mundi” [Chiunque è papa è padrone di tutte le cose spirituali e temporali ed è signore del mondo], secondo le sue parole . Finirà male, per lui e per la Chiesa, che, poco dopo, verrà consegnata dal suo successore, Clemente V, nelle mani della corona francese trasferendo, nel 1305, la Sede Apostolica in Avignone.
L’Italia dunque, dopo i fatti di Anagni e la conseguente morte di Bonifacio VIII, divenne praticamente suddita della Francia.
All’inizio del secolo, dobbiamo però registrare un avvenimento assai particolare per la nostra terra. L’assassinio di Alberto I re di Germania, nel 1308, fece sperare a Filippo il Bello, re di Francia, che fosse nominato a succedergli suo fratello Carlo di Valois ma, inaspettatamente, venne eletto Enrico VII di Lussemburgo.
Dalla morte di Federico II erano trascorsi più di sessanta anni e non c’erano più stati imperatori. L’arrivo in Italia di Enrico fu un evento epocale e particolarmente per il castrum Vaxani poiché, venendo a Roma per farsi incoronare imperatore, venerdì 5 maggio 1312, certo su invito di Manfredi dei Prefetti di Vico che lo accompagnava, pernottò a Bassano. È probabile che vi abbia pernottato anche al ritorno, nell’agosto dell’anno dopo, sicuramente in quella rocca che poi gli Anguillara trasformarono in palazzo ma che, per essere degna di un imperatore, già allora non doveva essere priva di un qualche pregio.
continua
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Dott. Giovanni Maggi
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Nell'immagine, l'episodio di Anagni: Sciarra Colonna schiaffeggia Bonifacio VIII, che viene fatto prigioniero dai Francesi (07/09/1303).
«Perché men paia il mal futuro e 'l fatto,
veggio in Alagna intrar lo fiordaliso,
e nel vicario suo Cristo esser catto.

Veggiolo un'altra volta esser deriso;
veggio rinovellar l'aceto e 'l fiele,
e tra vivi ladroni esser anciso.
»
(Purgatorio, Canto XX, vv. 85-90)



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