Soprannominato delizia del genere umano, Marco Ulpio Nerva Traiano si fece carico di un grave problema. Mentre la città di Roma nuotava, letteralmente con le sue tante terme, in un’abbondanza d’acqua che nessun’altra città ha mai conosciuto né prima né dopo, il trastevere era costretto ad approvvigionarsi dal Tevere o dai pozzi.
In sostanza, nessuno dei nove grandi acquedotti valicava il fiume.
Così Traiano decise di costruirne uno che arrivasse direttamente sulla sponda destra.
Convogliò varie sorgenti al nord di Rocca Romana nel territorio di Bassano Romano e lungo il Fosso della Calandrina, incluso il notevole flusso di Fonte Ceraso, in un acquedotto che, giunto sulla riva del lago Sabatino, si congiungeva ad un ramo proveniente da sud per dirigersi poi ad est e raggiungere il Gianicolo.
Un’opera grandiosa con un percorso di circa 57 km, una portata giornaliera di 2.848 quinarie, quasi 118.200 mc. Ogni quinaria equivale a 0,48 litri al secondo, per cui quasi 1400 litri al secondo. Il condotto era completamente rivestito in calcestruzzo romano largo 1,30 m. per un'altezza di 2,32 m., con una pendenza media di 2,67 m. per km.
L’intero percorso si svolgeva su terreni, di 9 m. di larghezza, appositamente acquistati personalmente dall'imperatore, praticamente un esproprio di terreno che però non venne pagato dalle casse dello stato ma dai soldi di Traiano (pecunia sua), che risanò l'erario cominciando a metterci del suo. Certo non che li avesse guadagnati zappando l’orto, però … tanto di cappello.
Nonostante le molte interruzioni per le vicende belliche, l’incuria, la vetustà, l’acquedotto, dal 109 era volgare, funzionò sempre, grazie alle pronte riparazioni ed alla sollecitudine di tutti i papi: e te credo, era l’unico acquedotto che portava l’acqua in Vaticano!
All’inizio del 1600, Paolo V fece ricostruire l’acquedotto a Giovanni Fontana (sì, proprio quello che ha rifatto la Mola di Bassano!), il quale si associò il nipote Carlo Maderno, e volle farlo chiamare col suo nome. L’acqua però non era abbastanza per cui gli Orsini , proprietari del lago, riuscirono a vendere ai papi l’acqua del lago.
La qualità divenne talmente pessima che divenne inutilizzabile per usi umani e fu usata solo per alimentare fontane monumentali fino agli anni ’80 del novecento.
A Roma la sua inutilità divenne proverbiale nell’indicare cose di nessun valore.
Oggi, nella terra di Bassano, l’acquedotto è rotto in più punti, accidentalmente o volontariamente. Purtroppo, né l’amministrazione né i proprietari dei terreni si sono mai preoccupati di conservare un’opera così importante e così utile. Spero di essere smentito in futuro.
Dott. Giovanni Maggi
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